News - Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio

Collegamento alla pagina Facebook
Lo Stock personale sul sito dell'agenzia Clickalps
Il profilo Instagram
Il mio canale YouTube

Fotografia di viaggio e di natura

Vai ai contenuti

Menu principale:

Vi racconto una foto #15 / Attenzione, pericolo di caduta

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
Pubblicato da in Vi racconto una foto ·
Tags: RomaNevicata del 26 febbraio 2018Piazza di SpagnaFontana della Barcaccia


La sera del 25 febbraio 2018, prima di andare a dormire, preparai lo zaino con l'attrezzatura fotografica con la speranza che le previsioni meteorologiche che avevo visto la sera a cena si rivelassero esatte. Infatti per quella notte e fino a metà mattina del 26 febbraio era prevista una fitta nevicata sul Lazio che avrebbe potuto portare la neve fino a Roma. È con questa premessa che per la prima volta in vita mia a fianco dello zaino ho preparato le scarpe da neve per un'uscita fotografica a Roma.

La mattina, ancor prima dell'alba, sentii degli strani rumori provenire dall'esterno. Mi alzai e vidi che stava nevicando copiosamente e che c'erano almeno una decina di centimetri che si erano già posati sul terreno, così mi vestii in fretta e uscii con tutta la mia attrezzatura intorno alle 6:00 del mattino. Il freddo era intenso, in strada non c'era praticamente nessuno perché era impossibile transitare senza catene e incontrai solo un signore molto ottimista che stava provando a uscire con il motorino. Percorse forse 10 metri prima di farne altrettanti strisciando per terra. Mi avvicinai per aiutarlo, ma si rialzò da solo e mi disse che forse per quella mattina era meglio tornare tutti a casa. Pensai che forse avrebbe potuto intuirlo anche prima, d'altra parte se in Scandinavia sulla neve preferiscono usare le motoslitte ai motorini un motivo ci sarà, ma al contrario dell’avventato signore pensai che per me tornare a casa in un'occasione del genere sarebbe stato un errore che avrei rimpianto per chissà quanti anni, forse per sempre.

Mi rimisi in marcia con una nevicata fittissima e un freddo polare e feci parecchie fotografie, ma intorno alle 9:00 iniziai ad accusare la stanchezza e la fame per aver già percorso oltre una decina di chilometri sotto la neve e senza aver fatto una vera colazione pur di uscire il prima possibile. Ero in prossimità di Piazza di Spagna, così approfittai dell'unico posto aperto in zona, il McDonald's di via dei due Macelli, il secondo ad aprire in Italia. A quell’ora si cominciava a vedere qualcuno in giro, ma nelle tre ore precedenti avevo incontrato veramente poche persone. Scattai la foto che vedete pensandola già in bianco e nero perché la trovavo molto più adatta alla situazione che stavo vivendo in quel momento.
Entrai e ordinai la mia colazione e mi misi seduto nell'ampia sala nella quale c'ero solamente io in quel momento.

Feci colazione godendomi per un po' il caldo della sala e la colazione, quando a un certo punto vidi uno degli inservienti posare un cartello giallo a terra, ma lì per lì non ci feci caso più di tanto e continuai a mangiare. Una volta finito ripresi il vassoio e mi accorsi che il cartello era quello che indicava di fare attenzione al pavimento bagnato e che la causa del pavimento bagnato ero io. Avevo raccolto così tanta neve sulla giacca e sull'attrezzatura che il caldo della sala l'aveva rapidamente sciolta e si era creata una larga pozza tutto attorno a me.

Mi sentii un po' in colpa e mi scusai col ragazzo che aveva posizionato il cartello poco prima e che era pronto ad asciugare e ci fermammo a scambiare due chiacchiere su quanto fosse surreale quella situazione. Lo salutai e ricominciai il mio tour fotografico per la capitale imbiancata, ma dopo quella piccola avventura fu più semplice perché avevo finalmente messo qualcosa nello stomaco e perché nel frattempo aveva smesso di nevicare.

Quel giorno feci decine di chilometri con la pesante attrezzatura sulle spalle e quando tornai a casa dovetti mettere il ghiaccio sulle ginocchia per riprendermi, ma fu tutto sommato semplice trovarlo perché bastò prendere quello residuo che si era conservato sul balcone di casa.



Vi racconto una foto #14 / La Risiera di San Sabba, una storia troppo poco tramandata

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
Pubblicato da in Vi racconto una foto ·
Tags: Vi Racconto Una FotoRisiera di San SabbaTriesteGiorno della memoriaSeconda guerra mondiale
Nel giorno della memoria vi mostro l'interno di un luogo poco conosciuto dalla maggior parte degli italiani, ma importantissimo per la storia della nostra nazione e per questo dichiarato monumento nazionale dal presidente Saragat nel 1965: la Risiera di San Sabba a Trieste.

Come suggerisce il nome, questo luogo nasce come stabilimento industriale per la lavorazione del riso alla fine dell'800, ma poi, negli anni, venne trasformato più volte a scopo militare. Prima venne utilizzato come caserma del Regio Esercito Italiano e, in seguito all'occupazione del territorio da parte dell'esercito tedesco, fu utilizzato come campo di prigionia provvisorio per i militari italiani catturati dopo l'8 settembre 1943 (Stalag 339). In seguito i nazisti lo trasformarono in Polizeihaftlager, cioè un campo di detenzione e di polizia, una delle realtà tipiche dell’universo criminale nazista. Servì in particolare ad eliminare gli appartenenti alla Resistenza operanti nel Litorale Adriatico, ma altrettanto importante fu la sua funzione di campo di transito per gli ebrei della regione destinati ai campi di sterminio.

È l'unico campo di concentramento italiano ad aver avuto al suo interno anche un forno crematorio, inaugurato nel 1944, e quindi a essere stato anche un luogo di sterminio di non meno di 2000 persone, ma una cifra più credibile parla di almeno 3000 persone uccise qui, mentre sembrano esagerate le 5000 ipotizzate da qualcuno. La maggior parte delle vittime erano ostaggi, partigiani e detenuti politici italiani, sloveni e croati, ma si sa per certo che almeno 28 ebrei furono uccisi qui perché ritenuti in condizioni di salute troppo precarie per poter affrontare il viaggio in treno verso altri campi.

L’edificio del forno crematorio e la sua ciminiera vennero fatti saltare in aria dai nazisti in fuga nella notte tra il 29 e il 30 aprile 1945 con la dinamite, fu un tentativo per eliminare le prove dei crimini da loro commessi. Tra le macerie sono state rinvenute ossa e ceneri umane raccolte in tre sacchi di carta del tipo normalmente utilizzato per il cemento.

Dopo aver visitato il ben curato museo realizzato all'interno della Risiera potete immaginare con quale umore abbia scattato delle fotografie di questo luogo e per quale motivo abbia aspettato anni prima di condividerle e perché abbia deciso di farlo proprio oggi.



Vi racconto una foto #13 / Una storia di pizze e arcobaleni

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
Pubblicato da in Vi racconto una foto ·
Tags: Vi Racconto Una FotoLago di ScannoParco Nazionale d'Abruzzo Lazio e MoliseAbruzzoMontagnaArcobaleno

Se dovessero raccontarvi la genesi di questa fotografia alcuni fotografi che conosco sono sicuro che lo farebbero inventando una storia ai limiti dell'eroico. Ricordo ancora un noto e bravo fotografo che raccontò della sua passeggiata verso il Lago del Sorapiss al pari di un'avventura himalayana che avrebbe fatto invidia a Messner. E, se non ci siete mai stati, vi posso assicurare che il Lago del Sorapiss viene raggiunto da molte famiglie con bambini. A mio avviso invece è molto più interessante raccontare i fatti reali per come si sono svolti, anche perché aiutano a dimostrare una volta in più che Ross Brawn - direttore tecnico della Ferrari dei tempi di Schumacher - aveva ragione quando diceva che la fortuna non esiste, ma la fortuna consiste nel duro lavoro per farsi trovare preparati quando succede qualcosa di imprevedibile. Può sembrare una frase scontata, ma è assolutamente vero che se nel quando ci si trova al posto giusto e al momento giusto non ci si fa trovare preparati, allora la fortuna, in fotografia come in Formula 1, semplicemente non esisterà.

Quel pomeriggio aveva piovuto molto nel Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise ed era stato impossibile fare qualsiasi tipo di attività in sicurezza all'esterno. Un buon momento per riposarsi e leggere un libro, almeno nelle ore in cui mio figlio era impegnato con il riposino pomeridiano. In quei giorni mi trovavo infatti in vacanza con la famiglia e avevamo preso in affitto una casa sulle rive del Lago di Scanno, un posto da sogno nonostante la casa fin troppo "rustica". La sera per fortuna iniziò a spiovere e decisi di andare a comprare delle pizze per cena e qui entra in ballo il discorso sulla fortuna che ho fatto in apertura, infatti non so quanti di voi sperando che si verifichino buone condizioni per fotografare vadano a comprare le pizze portando in macchina la propria reflex e il cavalletto. Io in questo caso l'ho fatto. D'altra parte dopo la pioggia il cielo spesso regala belle sorprese e conviene farsi trovare preparati.

Uscii per andare a prendere le pizze in una pizzeria trovata su Google Maps e, uscito dal locale, mi accorsi che non solo aveva smesso definitivamente di piovere, ma il cielo si stava aprendo e ciò poteva portare a un buon tramonto. Quando ero ormai prossimo all’appartamento guardai nello specchietto retrovisore e vidi che si stava formando un arcobaleno. Parcheggiai la macchina al volo e, prendendo l'attrezzatura fotografica che avevo portato con me e lasciando le pizze sul sedile, mi affrettai a scendere sulla sponda del lago. Tutto l'evento durò pochi minuti, ma proprio nel momento in cui l'arcobaleno era al suo apice e si cominciò a intravedere un accenno di secondo arcobaleno io ero quanto più vicino possibile alla superficie del lago con la macchina fotografica pronta a scattare sul cavalletto, così feci in tempo a realizzare giusto un paio di fotografie buone prima che l'arcobaleno sparisse.

Se ve lo state chiedendo tutto l’evento durò così poco tempo che le pizze rimasero abbastanza calde per la cena. Dunque si tratta di una storia a lieto fine non solo per me che ho così fotografato l’arcobaleno, ma anche per chi aspettava la cena a casa.



Vi racconto una foto #12 / Ora sì che è perfetto!

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
Pubblicato da in Vi racconto una foto ·
Tags: Vi Racconto Una FotoDavid di MichelangeloFirenzeMichelangelo


Questa vista frontale del volto del David di Michelangelo in Piazza della Signoria a Firenze potrà sembrarvi inusuale e meno interessante di quella solita di tre quarti, ma mi serviva per potervi raccontare un curioso aneddoto.

Per prima cosa vi dico che questa statua è una replica che si trova di fronte a Palazzo Vecchio dal 1910, l'originale infatti si trova nella galleria dell'accademia per preservarla dal deterioramento.

Ho deciso di scattare in maniera così frontale perché dovete sapere che nel 1504 il David venne dichiarato quasi finito dall'autore e per l’occasione alcune delle più alte autorità della repubblica fiorentina si recarono da lui per osservarlo in anteprima sapendo che sarebbe diventato un nuovo simbolo per la città di Firenze.

Tra le autorità c'era anche il gonfaloniere Piero Soderini, il quale, in un eccesso di critica - o solamente per darsi un tono -, manifestò a Michelangelo le sue perplessità circa le proporzioni corrette del naso della statua, che a suo dire risultava essere troppo grande rispetto al resto.

Michelangelo non era una persona con un carattere facile, ma doveva essere anche molto intelligente, così invece di replicare fece finta di accettare il suggerimento e salì sulla scala. Prima di salire però, nel momento in cui era andato a prendere lo scalpello, senza farsi vedere prese alcuni pezzetti di marmo e un po' di polvere e li nascose nella mano.

Cominciò quindi a far finta di ridurre il naso della statua aprendo di tanto in tanto la mano per far cadere i frammenti e la polvere di marmo. A quel punto chiese a Soderini cosa ne pensasse ora del naso e il gonfaloniere, mirabilmente ingannato dall'artista, si congratulò con Michelangelo affermando che ora la statua era perfetta.

Chissà cosa avrà pensato Michelangelo del gonfaloniere in quel momento e come avrà raccontato in privato questo aneddoto ai suoi amici e conoscenti.

È pensando a questo aneddoto che ho scelto di riprendere la statua frontalmente, chiedendomi cosa abbia indotto Soderini a fare le sue affermazioni oltre mezzo millennio fa perché oggi sarebbe impossibile criticare la bellezza delle forme del David.



Vi racconto una foto #11 / Il lago che non c’è

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
Pubblicato da in Vi racconto una foto ·
Tags: Vi Racconto Una FotoFriuli Venezia GiuliaDiga del VajontMontagnaVajont

Questa è la foto di un lago che non c'è e che non ci sarebbe mai dovuto essere, ma che per un breve lasso di tempo c’è stato. Quel piccolo torrente che si vede scorrere sul fondo valle ha infatti un nome che fa tremare le gambe a chi conosce la storia di questi luoghi e delle grandi tragedie italiane, si chiama infatti Vajont.

Vedendolo da qui sembrerebbe un placido torrente di montagna, ma per la follia dell’uomo e la ricerca di uno smisurato guadagno negli anni ‘50 qualcuno ha pensato di realizzare qui una diga come non ce n’erano altre al mondo, la più alta del mondo. Un prodigio dell’ingegneria, tanto che è ancora lì, maestosa come è stata pensata, ma posizionata nel luogo sbagliato.

Il lago doveva arrivare a lambire quel piccolo paese che si vede sulla destra e che si chiama Erto, per cui immaginate quanta acqua dovesse contenere quel lago guardando questa foto.

I segnali che qualcosa non stesse andando nel verso giusto c’erano, ma li potrà spiegare meglio di me chi è esperto della vicenda. Però so che, appassionandomi alle vicende di questa tragedia, da fotografo ho cercato questo punto di vista preparandomi prima ancora di partire. Volevo una foto che mostrasse quello che non c’è ancora di più di quello che è rimasto, così ho deciso di andare nel punto diametralmente opposto della valle rispetto alla diga e di scattare questa foto. E ci sono andato nel tardo pomeriggio di un giorno nuvoloso, la fortuna mi ha assistito nel mio compito regalandomi un timido sole che si fa strada tra le nubi e che restituisce l’idea che alla fine la luce torna anche lì dove la speranza di un futuro è stata negata a tanta gente. Infatti, come si può vedere in questa fotografia, in fondo alla valle c’è un grande cumulo di terra lì dove non dovrebbe esserci nulla a fermare quel torrente, quella collina è la grande frana che si è originata il 9 ottobre del 1963 che provocò un’onda stimata di 250 metri di altezza e un’onda d’urto pazzesca che alcuni stimano come più potente di quella di una bomba atomica. Nel disastro rimasero uccise quasi 2.000 persone, compresi circa 500 tra adolescenti e bambini, ma ci furono anche alcuni bambini mai nati che erano ancora nel grembo delle loro madri e che non videro mai la luce.

Chi mi segue rimarrà probabilmente un po’ spiazzato dalla postproduzione più spinta del solito, ma in un posto del genere, per raccontare una storia del genere, c’è bisogno di andare oltre quello che per me è il normale limite nello sviluppo di una fotografia.



Vi racconto una foto #10 / Space Invaders a Roma?

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
Pubblicato da in Vi racconto una foto ·
Tags: Vi Racconto Una FotoRomaPantheonOcolusSpace Invaders

Il Pantheon di Roma è probabilmente il  monumento che preferisco tra tutti quelli che ho avuto l’opportunità di vedere nella mia vita. Le sue forme, le proporzioni ricercate dagli antichi romani nel costruirlo, l’eleganza dei suoi interni che si rivela una volta varcato l’immenso portone di bronzo, il suo sfidare il tempo rimanendo sempre incredibilmente affascinante e maestoso per chi lo osserva, tutto ciò contribuisce a renderlo unico. E non è un caso se viene ammirato e visitato da migliaia di turisti ogni giorno.

All'interno del Pantheon ho passato ore a guardare e a fotografare ogni dettaglio, ma quando ho scattato questa foto avevo deciso di passarci un paio d'ore per vedere come cambiava la luce al suo interno.

In quel momento il sole era basso sull'orizzonte e quindi il raggio di luce che entrava dall’ocolus era molto vicino all’apertura stessa e ho notato una cosa a cui non avevo mai fatto caso prima di allora, cioè che ci sono dei momenti della giornata in cui il raggio di luce somiglia agli alieni da colpire nel videogioco “Space Invaders”. Per riprenderlo al meglio ho capito immediatamente che sarebbe servito avere un forte contrasto e che quindi avrei dovuto far sparire i dettagli del soffitto del Pantheon rendendoli più scuri possibile e calcolare l'esposizione sull'unica porzione illuminata dal sole per metterne in risalto la buffa forma. L’unica altra zona della fotografia visibile sarebbe stata così proprio quella dell’ocolus, attraverso il quale sarebbe stato possibile riprendere l’azzurro del cielo, permettendomi di bilanciare la foto grazie a una diagonale che avrebbe reso la foto più dinamica. Fatte queste rapide valutazioni ho scattato.

L'effetto finale mi piace molto e ora ogni volta che mi capita di tornare all'interno del Pantheon non posso fare a meno di andare a cercare gli Space Invaders.



Test dell'obiettivo Fujinon GF 500mm f/5.6 R LM OIS WR

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
Pubblicato da in Fotografiamo ·
Tags: TestFujifilmFujinonGF 500mm f/5.6 R LM OIS WRFotografiamo.netLarge Format
Ho pubblicato questa mattina il test dell'obiettivo per mirrorless Large Format Fujinon GF 500mm f/5.6 R LM OIS WR. Per leggerlo clicca qui.





Vi racconto una foto #9 / Una scommessa vinta

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
Pubblicato da in Vi racconto una foto ·
Tags: Vi Racconto Una FotoMonte BiancoAlta RisoluzioneMontagnaMontagne di Luce
Ho scattato questa fotografia nel luglio del 2013 e ha una storia molto particolare che mi fa piacere raccontarvi. Quel giorno mi trovavo al rifugio Torino e stavo ammirando lo splendido spettacolo del Monte Bianco di fronte a me. Un grosso fronte nuvoloso stava per arrivare e quindi avevo poco tempo per scattare qualche fotografia. Nel momento in cui mi ero ritrovato ad ammirare questo splendido paesaggio il mio pensiero è subito andato alla mostra “Montagne di Luce” che stavo preparando in quel periodo e che sarebbe stata esposta nell’autunno di quell’anno. Sapevo di avere a disposizione un grande spazio proprio sul pannello finale per chiudere la mostra con una fotografia di grande formato e volevo che lasciasse a bocca aperta i visitatori, ma non avevo ancora individuato quale avrebbe potuto essere. All'epoca utilizzavo però una reflex Olympus E30 che aveva appena 12.3 megapixel di risoluzione, quindi sarebbe stato difficile pensare di stampare la foto ottenuta in grande formato mantenendo un livello di dettaglio alto.
L'unica soluzione possibile per ottenere ciò che mi serviva era quella di scattare una serie di fotografie per unirle poi in un secondo momento. Optai per scattare 42 fotografie, ben sapendo che sarebbe bastato un piccolo errore in fase di ripresa affinché l'unione di un numero così alto di fotografie non andasse a buon fine. In più avevo il timore che i computer dell'epoca non fossero in grado di gestire un numero così grande di foto. Inoltre, proprio per via del fronte nuvoloso che stava per arrivare, dovevo fare in fretta ben sapendo di avere una sola possibilità per ottenere quello che volevo.
Posizionai in fretta il cavalletto, montai il teleobiettivo e feci una rapida prova dei movimenti che avrei dovuto ripetere qualche secondo dopo scattando, quindi iniziai a scattare sperando che le nuvole mi lasciassero in pace per i circa due minuti che mi servivano per portare a termine le operazioni. Ero ben conscio che se avessi fallito non solo non avrei avuto la fotografia sperata, ma avrei sprecato tempo utile per fare fotografie più normali e meno impegnative.
Tutto andò per il meglio e una volta che ebbi finito di scattare iniziò una lunga attesa per conoscere il risultato perché solo al momento del mio ritorno a casa avrei potuto unire tutte le fotografie e non potete immaginare il sollievo che provai vedendo per la prima volta questa fotografia apparire sullo schermo del computer circa 10 giorni dopo averla scattata.
Alla fine della mostra “Montagne di Luce” chi si trovava di fronte a questo scatto rimaneva stupito dalla quantità di dettagli visibili nella foto, perché anche avvicinandosi ogni zona rimaneva perfettamente leggibile. Insomma avevo ottenuto l'effetto sperato e oggi questa fotografia di oltre un metro di lunghezza è appesa nel salotto di casa mia a ricordo di una giornata speciale.




Vi racconto una foto #8 / La “chiamata”

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
Pubblicato da in Vi racconto una foto ·
Tags: Vi Racconto Una FotoMonte PennaMarcheSantuario della VernaForeste Casentinesi

Una delle cose che mi rimane più difficile è quella di trovare un titolo alle fotografie che scatto. Trovo quella di scegliere il titolo giusto un'arte che semplicemente non mi appartiene, eppure il titolo che ho dato a questa foto mi è parso chiaro ancora prima di premere il pulsante di scatto. Il gioco di parole tra la chiamata che dovevano aver avuto le suore per decidere di prendere i voti e la più prosaica chiamata al cellulare mi è parso subito evidente.

Mi piace però spiegarvi un po' di più di questa foto, perché è stato un momento inaspettato che ho colto al volo quando si è palesato davanti ai miei occhi. Mi trovavo nello stupendo parco delle Foreste Casentinesi per fotografarle e quella mattina avevo deciso di andare al Santuario della Verna e di percorrere il sentiero ad anello nella foresta che porta fino alla cima del Monte Penna. Nulla di difficile, anzi era da considerare una di quelle passeggiatine per riprendermi dalle fatiche dei giorni precedenti. Per tutta la prima parte della passeggiata nel bosco non avevamo incontrato praticamente nessuno perché avevamo deciso di percorrere subito la parte di sentiero più lunga approfittando del fresco della mattina, ma quando mancavano solo poche decine di metri al punto di arrivo iniziai a sentire parlottare qualcuno. Svoltato l'angolo per arrivare alla terrazza panoramica mi si è presentata questa visione che ho immediatamente immortalato senza neanche guardare nel mirino. Avevo la macchina fotografica al collo e mi è bastato alzarla di quel tanto che bastava e premere il pulsante di scatto per portare a casa lo scatto così come lo vedete. D'altra parte vivo in “simbiosi” - mi si permetta il termine - con la fotocamera da anni e ormai conosco gli angoli sottesi dai miei obiettivi per cui spesso riesco a capire cosa sto inquadrando ancora prima di mirare.

Questa scena è durata solo pochi istanti perché dietro di me c'era il mio bambino che in quel momento aveva 2 anni e quindi quando le suore lo hanno visto hanno tolto il cellulare e si sono avvicinate per giocare con lui.

Non so per quale motivo quelle religiose si fossero radunate lassù per utilizzare il cellulare, il segnale arrivava anche intorno al santuario senza grossi problemi, inoltre in un luogo di meditazione come quello mi sarei aspettato che la priorità di quelle suore fossero altre, però quando me le sono ritrovate davanti all'improvviso ho trovato la scena molto buffa e sono contento di aver scattato questa fotografia.

Inoltre le suore erano molto simpatiche e disponibili ed è stato bello condividere con loro qualche momento in cui mio figlio ha insegnato loro a cantare la canzone della pizza tra lo stupore degli altri escursionisti che nel frattempo hanno raggiunto la cima.



Test della fotocamera Canon EOS R7

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
Pubblicato da in Fotografiamo ·
Tags: TestCanonEOS R7Fotografiamo.netAPS-C
Ho pubblicato questa mattina il test della mirrorless Canon EOS R7. Per leggerlo clicca qui.





Test della fotocamera mirrorless Large Format Fujifilm GFX100 II

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
Pubblicato da in Fotografiamo ·
Tags: TestFujifilmGFX100 IIFotografiamo.netLarge Format
Ho pubblicato questa mattina il test della mirrorless Large Format Fujifilm GFX100 II. Per leggerlo clicca qui.






Test dell'obiettivo Canon RF 10-20mm f/4L IS STM

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
Pubblicato da in Fotografiamo ·
Tags: TestCanonRF 10-20mm f/4L IS STMFotografiamo.net
Ho pubblicato questa mattina il test dell'obiettivo Canon RF 10-20mm f/4L IS STM.
Per leggerlo clicca qui





Vi racconto una foto #7 / La diga ricostruita?

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
Pubblicato da in Vi racconto una foto ·
Tags: Vi Racconto Una FotoFriuli Venezia GiuliaDiga del VajontMontagnaVajont

La prima volta che ho visto la diga del Vajont e la frana del Monte Toc è stato qualcosa di impressionante. Ero arrivato preparato, conoscevo gli accadimenti non solo per aver visto il film o lo spettacolo di Paolini, ma anche e soprattutto per essermi ben documentato tramite internet. Nonostante questo quando visitai la zona rimasi letteralmente senza parole. Mi sentivo piccolo piccolo non solo nei confronti delle persone decedute nella tragedia, quasi 2.000, ma anche e soprattutto riguardo ai volumi in gioco. La frana è qualcosa di colossale, senza averla vista dal vivo e averci camminato sopra è praticamente impossibile capire di cosa si stia parlando. Il Vajont è uno di quei luoghi in cui devi esserci andato per capire, altrimenti non avrai mai più di un'idea di cosa sia realmente successo in quel luogo.

Probabilmente sarebbe stato meglio se fossero rimasti senza parole anche due motociclisti che parcheggiarono i loro bolidi a fianco alla mia macchina mentre preparavo l'attrezzatura fotografica prima di iniziare a scattare qualche foto, tra le quali quella che vedete.

Mentre avevo lo zaino aperto sul sedile posteriore della mia auto e stavo pulendo le lenti con la microfibra arrivarono loro. Spensero le moto e scesero mettendo i cavalletti, poi si sgranchirono un pochino le articolazioni delle gambe dopo il viaggio, quindi osservando la diga uno dei due esclamò: "non pensavo l'avessero ricostruita". L'altro, che ne doveva sapere ancora meno dell'amico, ma che doveva avere una buona dose di fantasia mista a complottismo, rispose: "si vede che a qualcuno conveniva rimetterla in piedi". "E già", rispose il primo convinto dall'esaustiva spiegazione dell'amico.

Rimasi colpito dal fatto che persone che partivano da casa facendo non so quanti chilometri - l'accento sembrava Veneto ma non saprei dire da dove venissero realmente -, non si erano minimamente degnate di conoscere quello che stavano andando a vedere.

Dopo aver assistito a quella improbabile scena mi chiesi se queste due persone al loro ritorno sarebbero andate la sera al bar del paese o avrebbero parlato alle proprie mogli della diga del Vajont ricostruita per lucrarci e, soprattutto, se le persone con le quali avrebbero parlato sarebbero state in grado di correggerle. Probabilmente no, perché quella del Vajont è una tragedia di cui non si parla nelle scuole, che non è radicata nella memoria collettiva. Però per conoscerla, per immaginarla e per capirla basta andare lì con la curiosità di chi vuole imparare e allora tutto sarà incredibilmente e terribilmente chiaro.



Fujifilm X-S20, il test completo

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
Pubblicato da in Fotografiamo ·
Tags: TestFujifilmX-S20Fotografiamo.net
Ho pubblicato questa mattina il test della mirrorless Fujifilm X-S20. Per leggerlo clicca qui.





Vi racconto una foto #6 / Una mattina inaspettata

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
Pubblicato da in Vi racconto una foto ·
Tags: Vi Racconto Una FotoRomaAlbaOra BluPiazza di Spagna

La sera prima di scattare questa foto avevo deciso che sarei andato all'alba, anzi ben prima dell’alba, a Piazza di Spagna per scattare qualche foto alla fontana della Barcaccia. Quando si ha a che fare con l'alba la premeditazione è condizione essenziale per ottenere buoni risultati. Bisogna avere le idee chiare sulla fotografia che si vuole ottenere, conoscere anche il posto in cui si potrà parcheggiare e quanto tempo si dovrà perdere per raggiungere il luogo dello scatto, l'attrezzatura andrà preparata la sera prima con cura scegliendo cosa portare e cosa no e occorrerà mettere la sveglia a un orario che poche persone non riterrebbero essere un crimine contro la persona. Insomma tutte le decisioni per scattare una foto del genere vengono prese con almeno una giornata di anticipo. Quando si tratta di foto da scattare nella mia città guardo bene anche il meteo, infatti un cielo poco nuvoloso può regalare belle soddisfazioni, ma spesso le previsioni si rivelano imprecise perché sono proprio le condizioni più difficili da prevedere quelle che fanno gola ai fotografi. Quando sono in viaggio e ho poche occasioni di trovarmi all’alba nello stesso posto per due giorni di seguito invece di solito mi limito ad alzarmi e a sperare che vada tutto per il meglio, consapevole che un’alba ogni 10 vale veramente la pena.
Quella mattina arrivai e tutto sembrava essere perfetto per scattare belle foto all’ora blu, a parte che per un particolare: la macchina dei vigili urbani parcheggiata non distante dalla fontana. Chi mi segue forse ricorda delle disavventure che ho raccontato riguardo le mie esperienza con il cavalletto in città per cui ero un po' preoccupato. Posizionai la macchina fotografica sul cavalletto e presi il telecomando notando con la coda dell'occhio che uno dei vigili urbani stava camminando verso di me. Decisi così di premere il pulsante di scatto senza nemmeno controllare i parametri per portare a casa almeno una fotografia nel caso in cui quel poliziotto stesse venendo a cacciarmi. Il vigile si avvicinò fugando ogni dubbio, ero inequivocabilmente io l'oggetto del suo interesse. Non mi piace generalizzare perché è ingiusto farlo, ma i vigili urbani di Roma in alcuni casi non si rivelano né simpatici né gentili nei modi e spesso sono troppo concentrati sul far valere il loro potere nei confronti di chi hanno davanti che a mio avviso questo spesso si traduce in un vero e proprio abuso di potere che porta a ordini inutili. Quindi ero pronto a riprendere tutto pensando a dove andare a fotografare l’ora blu. Invece quel vigile mi salutò e iniziò a guardare nello schermo della macchina fotografica. Si fermò incuriosito a chiacchierare e a farmi domande su quel che stavo facendo. Guardava la fontana, la scalinata e poi la macchina fotografica e faceva qualche domanda. Gli spiegai che stavo aspettando l'ora blu, che era ancora troppo scuro e che in circa 10 minuti sarebbe arrivato quel momento magico che dura pochi istanti. Mentre il collega vigilava sulla piazza vuota guardando di tanto in tanto il cellulare, lui rimase con me e quando gli dissi che quello era il momento perfetto guardò la scena e poi la fotografia appena scattata quando apparve sullo schermo. A quel punto ero soddisfatto e lo salutai prima di spostarmi per fotografare il sorgere del sole da un'altra posizione e lui mi disse: "grazie perché dopo tanti anni di servizio si rischia di abituarsi a certe scene, invece guardandole con te mi sono ricordato di quanto sono fortunato a lavorare in mezzo a queste meraviglie".
Quella mattina fu una sorpresa per entrambi e virtualmente ancora ringrazio quella persona che si comportò in modo così gentile e amichevole da riscattare un'intera categoria.



Canon EOS R8, il test completo

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
Pubblicato da in Fotografiamo ·
Tags: TestCanonEOS R8Fotografiamo.net
Ho pubblicato questa mattina il test della mirrorless Fujifilm X-T5. Per leggerlo clicca qui.






Vi racconto una foto #5 / Camosci? Neanche uno!

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio

Dicono che il Camoscio Appenninico sia il più bello al mondo. Non a caso il suo nome scientifico è Rupicapra ornata, un modo per indicare il suo manto particolarmente maestoso. Per apprezzarlo però bisogna andarlo a cercare in autunno inoltrato, quando il camoscio si prepara alla stagione invernale e il manto è al massimo del suo splendore. Per questo motivo sono andato più volte nel Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise in quel periodo per poterli incontrare e fotografare.
Esistono molti posti dove è possibile incontrarli, uno di questi è la Val di Rose. L’escursione non è complicata di per sé, ma si tratta di circa 800 metri di dislivello da percorrere con l’attrezzatura fotografica e bisogna obbligatoriamente portare con sé un teleobiettivo. Considerate che il mio pesa circa 1,6 kg, se a questo aggiungete il peso del corpo macchina, di un altro obiettivo, del pranzo e dell’acqua capirete facilmente che si tratta di una “passeggiata” abbastanza faticosa.

Il giorno in cui ho scattato questa foto sono partito la mattina presto da Roma con il mio amico Diego. Sapevamo che non sarebbe stata una giornata di sole pieno, ma non rischiavamo nemmeno di trovarci in una tempesta. Comunque eravamo partiti pronti ad affrontare qualunque situazione con ottimismo, a parte il traffico tentacolare di Sora che è una costante spina nel fianco quando ci si dirige verso il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise da quel versante.

Dopo il classico caffè pre-escursione abbiamo iniziato a salire. Quando eravamo circa a un terzo del percorso abbiamo incontrato una famiglia di francesi in vacanza che stava scendendo verso Valle proprio dalla Val di Rose. Ci siamo fermati per un saluto e un breve scambio di informazioni e ci hanno detto che la passeggiata era fantastica, ma faticosa e che avevano visto parecchi cavalli allo stato brado. Provai a chiedere se avessero avvistato i camosci ricordandomi non so come che in francese si chiamano “chamois” e la risposta fu: “Camosci? Neanche uno!”. A quel punto ricordo lo sguardo perplesso di Diego, al quale avevo promesso di vederne in quantità. Abbiamo salutato gli altri escursionisti e abbiamo continuato a salire fino ad arrivare in Val di Rose e dirigendoci verso il Rifugio Forca Resuni.
Con le luci basse date dalle nuvole in effetti sembrava non ci fossero camosci, ma conoscendo i luoghi in cui questi animali si radunano dalle escursioni precedenti è bastato salire abbastanza per vedere che ce n’erano non meno di una decina proprio vicino a noi.
Nonostante la leggera pioggerellina  che nel frattempo ci aveva raggiunti e la naturale diffidenza di questi animali sono riuscito piano piano ad avvicinarmi a un esemplare e a scattargli diverse fotografie. Sono particolarmente affezionato a questa sia per l’espressione del camoscio sia per il fatto che si riescono a vedere le gocce di pioggia in controluce a ricordo del clima che abbiamo trovato in quota.
Una giornata bellissima in cui ho potuto riportare a casa con me numerose fotografie e anche tante preziose emozioni che conserverò per sempre.



Fujifilm X-T5, il test completo

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
Pubblicato da in Fotografiamo ·
Tags: TestFujifilmX-T5Fotografiamo.net
Ho pubblicato questa mattina il test della mirrorless Fujifilm X-T5. Per leggerlo clicca qui.





Quell'insopportabile rumore di fondo

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
Pubblicato da in Riflessioni ·
Tags: OrsoNaturaAmbiente
Qualche giorno fa un ragazzo, Andrea Papi, è stato ucciso da un orso in Val di Sole. Probabilmente lo sapevate già vista l'eco che la notizia ha avuto su tutti i canali.

Per la fine del ragazzo non si può non provare una profonda tristezza, in particolare da parte di chi è appassionato di montagna. Quella degli amanti della montagna è come una grande, immensa e bellissima famiglia i cui componenti non si conoscono tra loro, ma composta da membri che sanno che quando ci si incontra ci si saluta e che se c'è qualcosa che non va si può anche essere partiti da casa per fare l'impresa della vita, ma ci si ferma comunque ad aiutare chi è in difficoltà.
Quando succede una cosa del genere spesso chi ama davvero la montagna sta silenziosamente e rispettosamente in silenzio per rispetto della vittima e dei suoi familiari.

Quello che però è successo e che era anche facilmente prevedibile sarebbe successo è che una notizia del genere non poteva non generare un insopportabile quantità di opinioni da parte di chiunque, una sorta di rumore di fondo amplificato dai mezzi di informazione e dai social network  che di questo, purtroppo, si nutrono.

Non importa se chi sta parlando della montagna, della natura e delle leggi che la governano non sa nulla, si sentirà comunque in diritto di dire la sua opinione. E se qualcuno non vuole starla a sentire la griderà più forte affinché qualcuno la ascolti. È così che giornalisti, opinionisti, commentatori del tutto e del niente si sono schierati chi dalla parte dell'orso e chi dalla parte del ragazzo. Come se ci fosse una parte con cui stare.

In questa storia l'unica cosa evidente è che c'è stata una tragedia, che è difficile capire se poteva essere evitata perché non si sa esattamente in quali condizioni possa essere successa, ed è anche difficile capire come potrebbe essere evitata una situazione del genere in futuro senza fare una carneficina di orsi per cercare di rendere la montagna quel gigantesco luna park che tanto piace pubblicizzare alle agenzie del turismo. Ma la natura non è quella che la maggior parte delle persone pensa che sia. La natura è affascinante anche perché può essere spietata, la montagna è bella anche perché pericolosa.
Quelli che di riempiono la bocca dicendo che dovremmo imparare dagli animali dovrebbero andarli a vedere in natura per capire come funzionano realmente le cose, perché la natura è tutto fuorché quello che potete immaginare se l'avete sempre e solo vista dal divano.

Non ho sentito nessuno proporre di introdurre l'educazione ambientale nelle scuole e per le persone che vivono e frequentano quei luoghi. Alcune norme utili probabilmente mancano anche a me e se qualcuno me le insegnasse gliene sarei grato per la vita.

Non ho sentito nessuno interrogarsi su quante persone muoiano per colpa dell'orso ogni anno. In Italia quella del povero Andrea è la prima notizia che ricordi in più di 40 anni di vita, mentre qualche incontro che porta solo a un grosso spavento e a qualche ferita minore ci può essere di tanto in tanto. Nel contempo le morti causate dalle mucche sono state immensamente di più, ma in quel caso nessuno grida alla "mucca assassina" e chiede allo stato di eliminare tutte le mucche. Gli animali che provocano più vittime sono però gli insetti come le api, le vespe o i calabroni, che però fanno immensamente meno paura di un grande plantigrado come l'orso, che fondamentalmente come prima reazione ha quella di scappare quando vede l'uomo.

Infine ho imparato da questo rumore che continua a propagarsi sui media che esiste un habitat per l'uomo e uno per gli altri animali, specialmente gli orsi. Forse bisognerebbe tornare a pensare che noi siamo animali tanto quanto gli orsi, che l'uomo non è poi così diverso o più importante di un orso, una volpe, un serpente o anche di un fiore o un albero e che per questo non ha nessun diritto fondamentale in più di qualsiasi altro essere vivente. Essersi isolati dalla natura è stata una scelta di convenienza dell'uomo, ma questo non significa che la montagna non possa essere l'habitat anche dell'uomo, che rispettandola e correndo un minimo rischio non possa viverla profondamente o debba sentirsi in colpa se lo fa.

Ho sentito dire che Andrea Papi sarebbe stato avventato perché amava correre nei boschi. Anche solo il fatto che qualcuno possa pensare che correre nei boschi sia un gesto avventato mi dispiace perché vuol dire che chi pronuncia quelle parole porta una miseria nel proprio cuore per cui è impossibile non provare pena. Ogni giorno sulle strade muoiono non meno di 5 persone, quindi o questo ragazzo non era una persona poi così avventata oppure chiunque abbia anche solo messo la chiave nel quadro della macchina è un aspirante suicida e andrebbe fermato.

Lasciamo che delle montagne e degli animali si occupi chi ha le conoscenze, non la politica che risponde alla pancia della gente o gli opinionisti che vivono come sciacalli pronti ad avventurarsi sulla notizia del giorno e accettiamo le soluzioni che potranno trovare, con la speranza che si rivelino buone per una sana convivenza reciproca tra l'uomo e gli animali. Impariamo che una tragedia può non avere un colpevole da punire, che uccidere un animale è una vendetta che potrebbe risultare inutile. E poi se una persona cade su un sasso instabile che cosa facciamo? Incolliamo tutti i sassi al terreno? E se una vipera ci morde la portiamo dall'avvocato? Impariamo a vivere un luogo fondamentale come la montagna con la consapevolezza che qualche rischio si può correre e che bisogna essere preparati ad affrontare ogni situazione e, soprattutto, essere consci dei propri limiti e che per quanto la sicurezza rimanga sempre un obiettivo primario quando si va in montagna non sarà mai assoluta.



La mostra del laboratorio di fotografia della Fondazione don Luigi di Liegro 2022/23

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
Pubblicato da in Mostre ·
Tags: MostreFondazione di LiegroOfficine Fotografiche
Lunedì 20 marzo alle 18:00 presso Officine Fotografiche Roma (via G. Libetta, 1) si terrà l'inaugurazione della mostra del laboratorio di fotografia della Fondazione Don Luigi Di Liegro.
Ho la fortuna di condurre questo laboratorio da tanti anni e ogni anno i risultati riescono a sorprendermi positivamente.
Chiunque volesse partecipare alla serata è il benvenuto, sarà una bella serata per vedere belle foto, stare in compagnia e conoscere una realtà che pur essendo sotto gli occhi di tutti è purtroppo poco conosciuta.




Test della mirrorless Nikon Z9

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
Pubblicato da in Fotografiamo ·
Tags: TestNikonZ9Fotografiamo.net
Pubblicato il 3/3/2023 sul blog fotografiamo.net il test della Nikon Z9.

Per leggerlo clicca qui.





Titolo: Vi racconto una foto #4 / Una storia di gatti e alzatacce

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
Pubblicato da in Vi racconto una foto ·
Tags: Vi Racconto Una FotoForo RomanoCampidoglioAlbafujifilmGFX50SRomaLarge FormatGatto

Chi mi segue da tempo conosce questa foto perché l’ho scelta per la locandina della mostra: “Roma, dal tramonto all’alba”, pochi però conoscono come questa fotografia sia nata e per questo mi fa piacere raccontarvi oggi la sua genesi.
Nel periodo in cui ho scattato questa foto stavo provando una macchina fotografica fantastica: la Fujifilm GFX50S. Era la prima fotocamera mirrorless prodotta da Fujifilm con sensore medio formato, in seguito ribattezzato Large Format. Un sensore dalla gamma dinamica eccezionale. Lenta operativamente parlando e pesante da trasportare, difetti poi eliminati nei modelli successivi, ma quando si lavoravano i file RAW che era in grado di produrre sembrava di sognare.
In quei giorni mi ero fissato con l'idea di scattare una foto all'alba al Foro Romano visto dal Campidoglio con quella fotocamera. I problemi erano essenzialmente due: avevo i giorni contati e la fotocamera mi era stata data in prova in prossimità del solstizio d'estate. Un paesaggista ha per forza a che fare con il meteo e avere i giorni contati vuol dire sperare che tutto si allinei per il meglio per almeno un istante e l’estate è il periodo peggiore per sperare che questo avvenga, mentre essere vicini al solstizio d'estate voleva dire che se quell'istante fosse arrivato lo avrebbe fatto la mattina molto presto. Tanto per darvi un'idea dovete immaginare che per scattare questa foto mi sono alzato intorno alle 4:30 di mattina per vari giorni.
Il primo giorno in cui mi recai al Campidoglio trovai un cielo completamente libero. Neanche una nuvola. Levataccia inutile, allietata solo da un gatto di passaggio che mi fece compagnia in cambio di qualche carezza.
Il secondo giorno la medesima situazione. Levataccia inutile e qualche carezza al gatto.
Terzo giorno: il gatto era lì ad aspettarmi, ma il cielo era orribile e l'alba inutile da fotografare.
Quarto giorno: niente di buono, a parte l'amico gatto che ormai mi aspettava curioso ogni mattina.
La sera prima del quinto giorno ero indeciso se puntare la sveglia oppure no. Troppe le delusioni e, soprattutto, la mattina dopo tra le 9 e le 15 sarebbe passato il corriere a riprendersi l'attrezzatura per riportarla in Fujifilm. Dato che statisticamente un'alba su 10 vale la pena di essere fotografata decisi di puntare la sveglia sapendo che al massimo avrei fatto 4 coccole all'amico gatto e almeno una creatura felice ci sarebbe stata. Guidando la macchina nel buio e in assenza di traffico però la mattina del quinto giorno mi parve subito diversa dalle altre e quando cominciò a schiarirsi il cielo ne ebbi la conferma. L'ultimo giorno per scattare la foto era quello giusto. Prima di iniziare a scattare qualche carezza al gatto per ringraziarlo di avermi aspettato anche quel giorno e poi via ad ammirare il cielo colorarsi di arancione, giallo e rosso e intorno alle 6 di mattina lo scatto era al sicuro nella scheda SD. Il tempo di tornare a casa, fare colazione, riprendere i sensi, scaricare le foto e chiudere il pacco e la fotocamera era già in viaggio verso la sua casa ancora prima di sviluppare la foto desiderata, ma ormai sapevo che il file era lì nel mio computer e che il risultato di tanti sforzi era stato ripagato.



Intervista a Luana Rigolli

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
Pubblicato da in Fotografiamo ·
Tags: IntervistaLuana RigolliFotografiamo.netL'isola degli Arrusi
Sul blog fotografiamo.net trovate una interessante intervista che ho fatto a Luana Rigolli.
Lo spunto iniziale dal quale siamo partiti è stato il suo lavoro "L'isola degli Arrusi", ma poi gli argomenti di discussione sono stati anche molti altri.
Per leggerla clicca qui.




Ciao Fotografare

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
Pubblicato da in Fotografare ·
Tags: Fotografare
Chi mi segue o legge regolarmente la rivista Fotografare si sarà accorto che sul numero #35 non sono presenti miei articoli. La mia collaborazione con Fotografare infatti si è interrotta col numero #34 - l'ultimo numero del 2022 -, anche se solo oggi è divenuta ufficiale e posso dirlo.
Sono fiero di essere stato parte integrante della squadra che ha permesso di far tornare in edicola una rivista storica come Fotografare e di essere stato anche il Coordinatore dell'Area Tecnica della rivista per tanto tempo, impegno che ho sempre portato avanti con il massimo della dedizione. Negli ultimi giorni del 2022 ho preso questa scelta che non ritengo sofferta, ma doverosa. È chiaramente spiacevole dover abbandonare una rivista alla quale ho dedicato tante energie, ma nella mia vita ho sempre cercato di seguire la regola di fare ciò che è giusto e non ciò che è conveniente.

Di quanto fatto in passato non rinnego nulla, contribuire a riportare in auge Fotografare è stata un'avventura fantastica. Lavorare al progetto inizialmente con Edo Prando come direttore ed Emanuela Costantini come coordinatrice e in una seconda fase con Emanuela Costantini come direttrice è stata un'esperienza che mi ha permesso di crescere in tutti i sensi. In particolare nella seconda fase la fiducia che mi ha dato la direttrice mi ha consentito di togliermi diverse soddisfazioni, come quella di scrivere ben due editoriali con la mia firma e diversi altri pezzi che ritengo particolarmente riusciti. Penso realmente che ci siano non meno di 5 numeri di Fotografare che se assenti dalla biblioteca di ogni fotografo la rendano più povera. Fascicoli che avrebbero potuto essere stampati su carta ad alta grammatura, rilegati con copertina rigida ed essere venduti in libreria per essere conservati per la vita talmente la qualità era alta.

In questi anni ho scritto oltre 600 pagine, ho testato circa 35 macchine fotografiche e più o meno lo stesso numero di obiettivi. Considerate che per pubblicare un test non scatto solo quelle circa 15-20 foto che si trovano a corredo dell'articolo, ma in media faccio circa 400 fotografie con ogni corpo macchina. Scatti che mi permettono di farmi una reale idea di pregi e difetti della fotocamera che devo testare. Se fate un rapido conto solamente per le fotocamere ho scattato tra le 12.000 e le 15.000 fotografie, alle quali vanno aggiunte le foto per gli altri test o gli altri articoli. Un lavoro enorme, quanto la soddisfazione di averlo svolto.
Credetemi se vi dico che la redazione ha compiuto ogni volta dei piccoli miracoli per mandare in stampa una rivista che era indiscutibilmente superiore a tutte le altre che si possono trovare in edicola attualmente.

Naturalmente accanto alle cose positive ce n'erano altre che lo erano molto meno, ma penso che certe cose debbano restare all'interno. Quel che però potete vedere semplicemente andando in edicola è che in soli due mesi la rivista è passata da 100 a 84 pagine, da 6,9 euro a 7,9 euro di costo e dalla brossura alla spillatura, decisioni prese dall'editore a causa della situazione attuale e della quale avrei voluto venire a conoscenza senza scoprirlo dal mio edicolante di fiducia. Non ritengo che la situazione sia facile per l'editoria in questo ultimo periodo, ma ritengo alla luce di questo che sia arrivato il momento di prendere altre strade, che il rapporto di fiducia con l'editore sia irrimediabilmente compromesso, definitivamente irrecuperabile.

La mia storia con Fotografare quindi finisce qui? Per il momento sì, ma non escludo che in futuro se le cose dovessero cambiare e se arrivasse un nuovo editore io non possa tornare a scrivere per Fotografare. Ho già scritto per questa rivista in due periodi distinti e alla fine si dice che non ci sia due senza tre.

Continuerò a occuparmi di fotografia anche in futuro ovviamente. La fotografia non è solo il mio lavoro, è anche una passione sempre viva della quale mi piace scrivere e che mi piace vivere non solo con l’occhio poggiato sul mirino. Continuerò a scrivere di fotografia per il sito fotografiamo.net, un sito che in questi anni ha dato a me e agli altri soci fondatori parecchie soddisfazioni e sono sicuro che molte altre ne porterà in futuro. In passato ho già scritto molti articoli per il sito, ma ora che avrò l'opportunità di scrivere anche i test delle attrezzature fotografiche e il mio impegno sarà a 360° dedicato allo sviluppo di fotografiamo.net. Sono certo che ciò aprirà porte che oggi non posso nemmeno immaginare.



Vi racconto una foto #3 / Quando la TV inganna

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
Pubblicato da in Vi racconto una foto ·
Tags: Vi Racconto Una FotoCastello del VolterraioIsola d’ElbaFreedomRoberto Giacobbo

Il castello del Volterraio è uno dei primi luoghi a colpire l'immaginario di chi arriva all'isola d'Elba, specialmente di quelli abituati ad andare in montagna come me. Si erge alto e solitario ed è visibile dal traghetto già molto prima di entrare in porto a Portoferraio e voler salire lassù per godersi il panorama è un desiderio che si può definire naturale e che si impadronisce di molti ancor prima di mettere piede sull'isola.
La voglia di visitarlo per me era acuita da altri due fattori: il non essere riuscito ad andarci durante le mie prime due visite all'Isola d'Elba e il fatto di aver visto un servizio in televisione pochi giorni prima di tornare sull’isola. Proprio la TV però mi aveva tratto in inganno nel preparare quella visita, normalmente infatti sarei andato tranquillamente con le scarpe da ginnastica e la macchina fotografica al collo, invece mi presentai armato di bacchette da escursionismo e scarpe da trekking a causa della vera e propria drammatizzazione attuata da Roberto Giacobbo nel programma Freedom.
Nel servizio che avevo visto il conduttore partendo dal comodo parcheggio aveva iniziato la salita ansimando in modo sovrannaturale mentre il cameraman era intento a immortalargli da più o meno vicino le chiappe mentre passo dopo passo e gradino dopo gradino salivano verso il castello. Per far capire al suo pubblico quale incredibile sforzo fosse necessario per salire fino al castello Roberto Giacobbo si fermò a una piazzola per spiegare qualcosa e riprendere fiato mentre sembrava dovesse sputare un polmone da un momento all'altro, ma la piazzola nella realtà si trovava a non più dell'equivalente di un paio di piani di scale e arrivarci fu tutt'altro che faticoso per me. Insomma arrivai in cima nient’affatto affaticato, ma pronto e attrezzato per affrontare la più difficoltosa delle montagne dolomitiche, senza però doverlo fare visto che bastarono pochi minuti di salita. Avrei potuto portare anche mio figlio all'interno del marsupio - allora aveva poco più di 6 mesi - e avere comunque la possibilità di portare con me anche la fotocamera in mano, invece sembravo Messner pronto per scalare il K2.
Il vero problema che dovetti affrontare però fu di tipo fotografico, infatti la giornata non si rivelò amica dal punto di vista del clima umidissimo e della foschia, inoltre avere una buona inquadratura è quasi impossibile se ci si limita al sentiero tracciato. Per ottenere quel che volevo iniziai a fare un giro intorno al castello e mi accorsi che il castello non si trova in vetta, ma su un'anticima più ampia e comoda per costruire qualcosa rispetto alla vera e propria cima, che è invece troppo piccola per posizionarci sopra un castello.
Per raggiungere la cima vera e propria bisogna arrampicarsi un po’, ma poi si riesce a fotografare il castello da una posizione assolutamente privilegiata senza nemmeno dover utilizzare un drone. Tra le buone foto che riuscii a portare a casa c’è questa che mi piace molto, qui la luce del sole che filtra fra la foschia sembra assumere i toni tipici del tramonto all’orizzonte e il risultato mostra bene non solo la bellezza del luogo, ma anche l’atmosfera di pace che si respira da lassù.



Gianluca Laurentini Photography
Tag
National Geographic Lightroom della Canon XF 150-600mm f/5 Nick Ut Repubblica Ceca Articoli EOS M5 Libri Harenberg Raymasters Camera Filters sviluppo RAW Pannelli Solari Compatta FF II 10-18mm f/4.5-5.6 C-Dreamer Castel Sant'Angelo Ponte Sant'Angelo Scozia Isola d’Elba Gallerie Puffin Wild Atlantic Way Fuji Guida Mercato Folco Terzani Olympus M. Zuiko Digital ED 14-42mm f/3.5-5.6 EZ Pancake Instax GND32 Soft Zero Tiziano Terzani Steve McCurry Monti Marsicani sviluppo Lumix Alta Risoluzione Monte Bianco Letizia Battaglia Parco Nazionale d'Abruzzo Powershot SX740 HS Prima e Dopo Albero di Natale Panasonic Lumix G Vario 45-150 mm f/4-5.6 Asph. Mega O.I.S. NiSi filters Un mondo che non esiste più Fujinon XF 70-300mm f/4-5.6 R LM OIS WR Autunno Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini Regola dei Terzi smartphone Sirente Velino EOS R5 Workshop Nikkor Z 24-70mm f/4 S D780 XF 8-16mm f/2.8 R LM WR Panasonic Leica DG Vario Elmarit 12-60mm f/2.8-4 Asph. Power OIS Fotografare il cielo notturno 6 W-Dreamer Rettilineare Lu Naf Abruzzo fotografo Roma: Incanto e Magia Focus Michelangelo Highlands Tevere Z5 X-S10 X Gianni Berengo Gardin Articolo Lumix S 24-105mm f/4 Macro OIS Monte Viglio Amatrice Mostra Alberto Ghizzi Panizza Galleria Moderni Lo sfocato Irlanda Roma Adobe Camera RAW Meridiani Cantabria Michael Freeman Filtri Fujifilm Nikkor 18-35mm f/3.5-4.5 G EF-M 22mm f/2 STM Castello del Volterraio Freedom Mondadori Febbraio Medio Formato Nikkor 16-80mm f/2.8-4 E ED VR DX e om Canon PowerShot G7 X Mark III T3 Palmarola L'isola degli Arrusi Aggiornamento APS-C EOS R3 Matera 2018 articoli Erto Frecce Tricolori Aereo mix Lumix S Pro 16-35mm f/4 EF-M 18-150mm f/3.5-6.3 IS STM Fotografi Lo scatto remoto GFX100 Belluno gallerie Manfrotto OffRoad 30L X-T5 NAF Risiera di San Sabba Lo Zoom Appennino Centrale News Seconda guerra mondiale Canon EOS 6D Mark II Isola di Smeraldo Lo scatto a raffica Calendario seleziona cielo Guida Regali di Natale Marche blade runner Canon EOS 5D Mark IV Geotag Vi Racconto Una Foto Impariamo a sfruttare il cielo in fotografia FF II 9mm f/5 Pixma Pro 200 Sito Uscita Mirino EOS M50 Mark II Logos RAW Valle del Treja reflex Sony Dopo Auguri EOS RF 28-70mm f/2L USM Montagna Viajes olympus Rinascimento della Fotografia Bagaglio a mano Giustizia 1 I segreti delle schede di memoria XF 16mm f/2.8 R WR Diga del Vajont Fotografia di Paesaggio Manfrotto Alba Andrea Jemolo P950 Panasonic Lumix FZ2000 EF 100-400mm f/4.5-5.6L IS II USM Dublino #marmolada La solarizzazione Alla Luna tecnica L'occhio del Fotografo Pubblicazioni Camera Raw Olympus Pen E-PL8 Scotland XF 23mm f/1.4 R LM WR Fotografiamo.net Officine Fotografiche Friuli Venezia Giulia Fotografare Vajont S1R Bianco e Nero Casso Roma - Dal Tramonto All'Alba EOS 1DX Mark III Roberto Moiola D850 Stacking Trieste Corso Fotografico Cambiamento Climatico Ecologia Pulcinelle di mare Sigma Piazza di Spagna Natura EOS R10 Foto EOS R6 Praga Large Format Nikon Raymasters Parco Nazionale d’Abruzzo RF 24-105mm f/4 L IS USM GFX50S II Santuario della Verna Photoshop 8 Macro IS STM Autofocus Macro Pentax D-FA 50mm f/2.8 Macro Monte Penna T4 NiSi 15mm f/4 ASPH Tamron 150-600mm f/5.6-6.3 Di VC USD G2 Nikkor Fotografia naturalistica Terremoto Massimiliano Carraglia Facebook Lumix GX880 Al3photo Ceuta Arcobaleno Isola Z 28mm f/2.8 SE Camoscio Appenninico Mostre Wildlife Space Invaders Zoom Gatto Luana Rigolli Roberto Giacobbo Corriere Postcart Lumix S5 Panasonic bridge Prima Fragments of Scotland Vieri Bottazzini Canon EOS 800D Appennini Punti di vista fotografiamo.net Parco Nazionale dei Monti Sibillini Panasonic Lumix G Vario 12-60mm f/3.5-5.6 Asph. Power O.I.S. RF 10-20mm f/4L IS STM Neve Canon vs Nikon Lazio e Molise GFX50S X-H2s X-S20 RF 35mm f/1 Foliage GF 500mm f/5.6 R LM OIS WR Fujifilm FinePix X100F mirrorless Lumix GH6 Sera #dolomiti Italia Z 16-50mm f/3.5-6.3VR etica Laowa Flickr Pro3 Diaframma A7R IV Fotografia Notturna Altrephoto Orso Ocolus Euronews Ora Blu lago di Scanno Ponte Sisto Canon EOS 77D Tempo di Scatto naturalista Natale Galleria Rupicapra ornata Monte Toc EOS 90D 6-8 R LM OIS WR fotografico Fondazione Don Luigi di Liegro Ponti Raymaster Nevicata del 26 febbraio 2018 Rocca Calascio Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga NiSi Holder V6 EOS R7 Cabo Mayor 14-24mm f/2.8 DG HSM Art HDR Cow Formato RAW Almanacco di Fotografare Tiberina Gianni Riotta Intervista Clickalps XF 50mm f/1 R WR Leica Panasonic Lumix G 14-140mm f/3.5-5.6 Asph. Power O.I.S. Lago di Braies GFX50s seleziona soggetto Z fc Z50 fotografia Fujifilm GF 32-64mm f/4 R LM WR Lumix G90 consapevolezza Foreste Casentinesi Biblioteca Aldo Fabrizi EF 85mm f/1.4L IS USM G 25mm f/1.7 Asph. Photojournal.it Lago di Pilato Panasonic Lumix FZ82 Lumix FZ1000 II Fotofabbrica Eos M6 Mark II Corso Base Smartphone Canon PowerShot SX730 HS Canon EF 16-35mm f/2.8 L III USM GFX100S Longarone Francesco Gola Panasonic Lumix Vario 12-32 mm f/3.5-5.6 eur Editoriale Longanesi Cascate di Monte Gelato Serata fotografica Roma - Dal Tramonto all'Alba Tamron EOS R8 Alpha 1 Corso Intermedio Meridiani Montagne Edimburgo Light Painting Nature Isola Tiberina fujifilm Pentax Lumix TZ90 Olympus GFX50R Canon EOS M6 Sony Zeiss Vario-Tessar T* FE 24-70mm f/4 ZA OSS EOS R Social Z9 Basilicata Foro Romano Pentax K1 G80 Reflex Fujifilm GF 23mm f/4 R LM WR Interivsta Spagna Composizione Gennaio Panning Sony Alpha 7S II Montagne di Luce Ambiente Test 50-100mm f/1.8 DC HSM Art Al3Photo Fotografia Campidoglio Fontana della Barcaccia EF-M 15-45mm f/3.5-6.3 IS STM Bridge X-E4 Filtro Polarizzatore X100V gratis Panasonic Lumix GX800 Cavalletto Giorno della memoria Workshop di Composizione Fotografica Stock Ponza Firenze Daniele Nardi Pantheon Z 6II Nikkor Z DX 50-250mm f/4.5-6.3 VR David di Michelangelo Lazio Angelo Paionni Eos M50 Mark II Fondazione di Liegro GFX100 II Nikon D500 A99 II Upter Palazzo Englefield Proiezione Lago di Scanno Z 14-30mm f/4S Canon EF 35mm f/1.4L II USM Panasonic Lumix GH5 GF 45mm f/2.8 R WR Filtri Fotografici Mirrorless SLT
© Gianluca Laurentini (P. Iva 11415451001)
Scaricare e riprodurre le foto ed i testi di questo sito senza l'esplicito consenso dell'autore è illegale e sarà perseguito a norma di legge.
Torna ai contenuti | Torna al menu