La recensione del libro: "Un mondo che non esiste più" di Tiziano Terzani
Articoli
Autore: Folco e Tiziano Terzani
Titolo: Un mondo che non esiste più
Editore: Longanesi
Ripropongo la recensione di questo libro uscito qualche anno fa perché è uscita una nuova edizione curata dalla casa editrice Longanesi. Se ve lo siete lasciati sfuggire la volta scorsa, questa volta non commettete lo stesso errore.
In questo libro Folco Terzani, figlio del più famoso Tiziano, ha inserito una selezione fra le centinaia di fotografie scattate dal padre nell’arco di trent’anni di carriera come giornalista in Asia. Tiziano Terzani non era un fotografo, ma, come lui stesso dice, portava sempre al collo la sua Leica per fermare quegli istanti che a lui sembravano importanti e che magari al momento non riusciva a fermare semplicemente con le parole.
La forza delle foto, grazie anche all’accurata selezione effettuata da Folco, è proprio nel fatto che siano state scattate da un uomo appassionato di vita e di fotografia, anche se non si trattava di un vero e proprio fotografo. Terzani nelle sue foto riprende attimi di vita dell’Asia che vede con occhi stupiti, quindi anche la non perfezione tecnica delle foto diventa funzionale al risultato trasportando il lettore in un mondo così lontano dal nostro.
Il titolo è poi probabilmente il più giusto che si potesse scegliere, perché le foto ritraggono un'Asia che è distante sia dal nostro mondo, sia da quella che è diventata oggi attraverso le tante trasformazioni che lo scambio di culture, soprattutto con noi occidentali, ha portato. Una trasformazione probabilmente ancora più veloce di quella che c’è stata in occidente nello stesso periodo.
Per far capire qual è lo spirito del libro vi riporto solo questo pensiero:
“L’invidia per i fotografi m’era cominciata in Vietnam quando si tornava dal fronte e quelli, avendo già fatto il loro lavoro, andavano dritti al bar, mentre a me toccava ancora mettermi con angoscia davanti al foglio bianco, allora infilato in una Olivetti Lettera 22, a cercare di descrivere con mille parole il bombardamento, la battaglia o il massacro del giorno che loro – i fotografi bravi almeno – avevano già raccontato in una sola immagine. Quella di cogliere il nocciolo di una storia con un clic è un’arte che mi ha sempre attirato. Per questo forse, da allora, sono sempre andato in giro con una vecchia Leica al collo quasi a rassicurarmi che, se mi fossero mancate le parole, una traccia di ricordo mi sarebbe rimasta nella pellicola.”
“Per un vero fotografo una storia non è un indirizzo a cui recarsi con delle macchine sofisticate e i filtri giusti. Una storia vuol dire leggere, studiare, prepararsi.
Fotografare vuol dire cercare nelle cose quel che uno ha capito con la testa.
La grande foto è l’immagine di un’idea.
Bisogna capire che c’è dietro i fatti per poterli rappresentare.
La fotografia – click! – quella la sanno fare tutti.”